Trieste, 10 ott - "Una riforma - che entrerà in vigore il 1°
gennaio 2023 - nata dagli accordi finanziari con lo Stato
sottoscritti dal governatore Fedriga e che ha visto un percorso
di condivisione con tutti i soggetti interessati avendo ben
chiaro l'obiettivo di favorire il contribuente e le
Amministrazioni comunali".
Lo ha detto oggi alla prima Commissione del Consiglio regionale
l'assessore alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti illustrando
il disegno di legge "Istituzione dell'imposta locale sugli
immobili".
Come ha spiegato l'assessore, ripercorrendo l'iter che ha portato
il disegno di legge in Commissione, nella linea di concertazione
composta da un comitato tecnico e da una cabina di regia è stato
coinvolto anche un referente della Provincia autonoma di Trento
in qualità dell'esperienza maturata "al fine di prevenire le
criticità emerse nella loro transizione".
La prima casa, analogamente a quanto previsto dalla norma
nazionale, non viene compresa nel tributo, con una
differenziazione di forma rispetto all'Imu. Il disegno di legge
parla infatti di "esenzione" dall'imposta a differenza
dell'attuale legge statale che opera l'esclusione dell'abitazione
principale dal presupposto tributario (quindi "esclusa" e non
"esente"). La scelta dell'esenzione, come precisato da Roberti,
ha una motivazione tecnica che di fatto non riproduce alcun
cambiamento per il contribuente. Restano assoggettate a
tassazione le abitazioni cosiddette di lusso.
Nella legge proposta dalla Giunta cambieranno, invece, le
aliquote applicabili a tre tipologie di immobili: quelle sui
fabbricati ad uso abitativo diversi dall'abitazione principale -
ovvero seconde case - (aliquota 0,86%), sui fabbricati
strumentali all'attività economica (aliquota 0,86%) e sulle aree
fabbricabili (aliquota 0,86%). Una scelta, come ha motivato
l'esponente della Giunta regionale, dettata per consentire
politiche fiscali mirate a specifiche categorie di immobili nel
rispetto della normativa sugli aiuti di Stato.
In relazione alle dichiarazioni dei contribuenti sulla
strumentalità del bene all'attività economica, per non gravare
sugli uffici comunali "la scelta - ha detto Roberti - è di
passare per una fase transitoria nel 2023 in cui tutti gli
immobili di quelle categorie sono presunti beni strumentali per
una determinata attività".
Lo schema del disegno di legge prevede che la transizione
dall'Imu alla nuova norma regionale avvenga in un regime di
neutralità finanziaria tra Stato, Regione e Comuni. Ciò in
relazione al fatto che la normativa statale dell'Imu riserva alla
stessa Amministrazione centrale una quota del gettito degli
immobili ad uso produttivo (gruppo catastale D). Con il nuovo
provvedimento questo gettito, dal 2023, sarà riscosso dai Comuni
mentre l'importo pari a 92 milioni di euro annui sarà corrisposto
dalla Regione allo Stato. La regolazione dei rapporti finanziari
tra le Regione e i propri Comuni avverrà attraverso apposito
recupero a valere sul fondo unico comunale. "Sulla suddivisione
di questi 92 milioni - ha affermato l'assessore - avremo una
commissione tecnica con Anci e Cal per stabilire alcune regole e
cercare di capire come, in quale proporzione e quali tutele poter
prendere per lo storno di questo importo, come ad esempio
l'istituzione di un fondo di solidarietà per i Comuni che
certifichino delle difficoltà".
Infine, Roberti ha fatto un passaggio sui problemi registrati
nella raccolta dei dati propedeutici al disegno di legge: quasi
un quarto dei Comuni non ha in un uso il sistema operativo di
Insiel. Da qui le criticità emerse in corso d'opera. "Una
problematicità - ha concluso - da superare se vogliamo arrivare a
un sistema in cui il contribuente possa avere a disposizione un
portale unico dove caricare le dichiarazioni riuscendo
contestualmente a capire quanto pagare".
ARC/GG/ma